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Sto cavalcando le strade secondarie di Siem Reap, in Cambogia, sul retro di una moto. Per quanto mi piacerebbe essere quello che guida, non è fatto in Siem Reap. Preferirebbero avere i turisti che assumono autisti piuttosto che tentare di guidare da soli.

Detto questo, mi sto divertendo molto a esplorare i templi di Angkor da qui-preferirei di gran lunga essere in bici che in un tuk-tuk. Sulla bici di fronte a noi c’è una famiglia di quattro persone: un papà che guida con una bambina di fronte a lui, una madre sul retro con in mano un bambino. Solo un altro giorno in Cambogia!

Il mio autista sta cercando di far ridere il bambino – agitandolo, ballando, indicandolo e ridendo. Il bambino fissa, i suoi occhi come Obsidian Mares.

“Ami i bambini?” Chiedo al mio autista.

“Sì!”

“Anche io. Hai un bambino?”

“No. Tu hai un bambino?”

“No”, rido.

“Quanti anni hai?”

Oh, eccolo qui.

“Ventisei.”

“Ack!” egli soffoca. Ridiamo entrambi.

“Sì, sono vecchio! Lo so!” Dico.

“Ventidue, ventitré sono bene avere un bambino.”

“Sì, è carino.”

“Forse hai un bambino a settembre”, suggerisce.

Facciamo un braccio per coltivare oggi, hai un bambino a settembre? So che è quello che sta pensando. “Gesù Cristo, speriamo di no”, gli dico.

Mentre proseguiamo, il paesaggio è asciutto e polveroso come il mio utero di ventisei anni. E penso a me stesso … amo la mia vita. Amo così tanto la mia vita. E adoro che non ci sia un bambino.

Questo cambierà un giorno? Forse. Forse non lo farà. Per adesso? Gioca, Playa.

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